lunes, 18 de agosto de 2014

Guittone d’ Arezzo,Tuttor ch'eo dirò gioi, gioiva cosa-



Tuttor ch’eo dirò gioi, gioiva cosa,
intenderete che di voi favello,
che gioia sete di beltà gioiosa
e gioia di piacer gioioso e bello:

e gioia in cui gioioso avenir posa,
gioi d’adornezze e gioi di cor asnello;
gioia in cui viso è gioi tant’amorosa
ched è gioiosa gioi mirare in ello

Gioi di volere e gioi di pensamento
e gioi di dire e gioi di far gioioso
e gioi d’onni gioioso movimento

Per ch’eo, gioiosa Gioi, sì disioso
di voi mi trovo, che mai gioi non sento
se ’n vostra gioi il meo cor non riposo



Parafrasi

Ogni volta che dirò «gioia», o creatura gioiosa, voi capirete che parlo di voi, che siete una gioia dalla bellezza gioiosa e una gioia che dà un piacere bello e gioioso:


e (siete) una gioia in cui risiede una bellezza (avenir) gioiosa, gioia di eleganza e gioia di corpo snello; una gioia nel cui volto c'è una tale gioia amorosa che guardare in esso è una gioia che dà felicità.


(Siete) una gioia della volontà e del pensiero, gioia di parlare e di agire in modo gioioso, e (siete) una gioia in ogni vostro gioioso movimento.

E infatti io, Gioia che dà felicità, sono così desideroso di voi che non sento mai alcun piacere se il mio cuore non si appaga nella vostra gioia.


Il componimento si basa sulla ripetizione della parola «gioi(a)» e dei suoi derivati, come gli aggettivi «gioiva», «gioioso», per 25 volte in tutto. Il termine è il provenzale joi, parola che racchiude in sé un significato più ampio di quello attuale e indica  la «felicità» dell'animo, spesso provocata dall'amore; il sonetto è affine al genere trobadorico del plazer, che consisteva nell'elenco di una serie di cose piacevoli.
Al v. 6 cor («corpo») deriva dall'antico francese cors, mentre avenir («avvenenza») è provenzalismo. Al v. 8 ched è congiunzione eufonica.Movimento (v. 11) può significare anche «momento».

Il sonetto è anzitutto un pezzo di virtuosismo tecnico tipico della poesia guittoniana, con la replicazione del termine «gioia» che significa ovviamente la felicità concessa al poeta dalla donna amata, ma è anche sinonimo di «gioiello» e al v. 12 può indicare il senhal con cui si indica la donna stessa (Gioia è nome femminile attestato nel Duecento).
La donna è lodata secondo i canoni della poesia provenzale e siciliana, quindi riguardo alla sua bellezza fisica (beltà, avenir, adornezze, cor asnello); il suo viso dà felicità al solo guardarlo ed essa si esprime attraverso i desideri, i pensieri, le parole e i gesti. Il poeta trova appagamento solo nel cuore dell'amata, anche in questo caso secondo i canoni della poesia trobadorica

 


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